venerdì 30 marzo 2018

Il ritorno di Lara sul grande schermo


"Hai provocato la famiglia sbagliata".

Con queste parole si chiude il trailer dell'ultimo film di uno dei personaggi più iconici della pop cuture.

Chiaramente stiamo parlando di Tomb Raider, film 2018 diretto da Roar Uthaug.

Come ben sanno gli "addetti ai lavori" si tratta della terza trasposizione del brand su grande schermo ma, come è già successo per il videogioco, siamo di fronte ad un reboot totale.

Infatti questo film si avvicina molto alla trama della versione 2013 del titolo, quello che, per capirsi, riduceva gli "argomenti importanti" della protagonista.

Scherzi a parte, questa pellicola da un "nuovo inizio" alla storia della signorina Croft.
Seguendo quindi il gioco a cui è ispirato, la storia racconta la prima avventura della "figlia spirituale" di Indiana Jones.


Lara è una ragazza di poco più di vent'anni che da 7 anni ha perso le notizie del padre Richard, scomparso in un viaggio a Hong Kong.




La ragazza, pur avendo la possibilità di ereditare la potente holding del padre, rifiuta di prenderne possesso, in quanto è convinta che Richard sia ancora vivo.


Dopo una serie di ricerche degli appunti del padre, riuscirà a capire la vera meta del viaggio e cercherà di raggiungerlo.

Quindi, bene o male, la trama segue abbastanza le idee di base del gioco. Sicuramente la cosa che cambia tra i due media è il perché del viaggio. Nel titolo del 2013 era la ricerca del regno Yamatai. Nella pellicola del 2018 è il padre che parte alla ricerca di Himiko e Lara al seguito per salvarlo.

Ma escludendo questa idea di base, la storia segue più o meno le stesse idee di fondo.

Veniamo quindi al dunque.

Tomb Raider è un film godibile. Sicuramente non è un film memorabile, sicuramente non è una pietra miliare, ma fa bene il suo lavoro, ovvero portare, in maniera dignitosa, un brand videoludico.

E' inutile che ricordi i pessimi esempi che abbiamo vissuto fin'ora. E nel dire viviamo non sto sbagliando, come lo facciamo per l'esperienza videoludica, è giusto che viviamo anche quei film che ci hanno propinato in questi anni.

Però diciamocela tutta, escludendo i soliti nomi, che inspiegabilmente in alcuni casi hanno fan di appassionati (vedi Street Fighter sfida finale o Super Mario Bros),


non sempre avrei bruciato le pellicole create.

Ma torniamo a Lara. Personalmente Alicia Vikander mi ha convinto come protagonista.


 Sinceramente mi ha sconvolto di più che abbia quasi trent'anni, visto che ne dimostra veramente dieci di meno.

Nel corso della pellicola vediamo un'evoluzione del personaggio. Da una ragazzina che cerca di "sbarcare il lunario" e vivere alla giornata, ad una determinata giovane donna pronta ad a portare a termine la sua missione a qualsiasi costo.

Molti hanno criticato che questo film, rispetto alla controparte videoludica, non esplora l'evoluzione della Lara sopravvissuta all'isola.

Ma diciamocela tutta, quella Lara, come avevo già detto tempo fa, non era la Lara "canonica", ma era più una copia di Oliver Queen di Arrow.


A mio modo di vedere, la scelta fatta nel film era oculata. Ci sono scene dove Lara cerca di sopravvivere, magari non si rattoppa, però l'idea c'è.
Dall'altra, soprattutto nella seconda parte del film, si segue l'iter classico di Tomb Raider, ovvero l'esplorazione delle tombe, con tanto di trappole, tipiche del brand e del suo "padre spirituale" Indy.

I personaggi, per quanto magari "canonici" nella caratterizzazione, sono discretamente sviluppati ed il film è un giusto mix di azione e storia narrata, il tutto con il giusto ritmo.


Vi aspettavate qualcos'altro?

Io personalmente no. Il film ha convinto il pubblico? sembrerebbe di no, visto che alla settimana di debutto viene battuto da Black Panther alla sua quinta settimana di permanenza in sala.

In fin dei conti sono troppi anni che a noi videogiocatori ci propinano titoli molto discutibili, non ultimo Assassin's Creed dell'anno scorso.


In questi giorni leggevo anche della possibilità di un possibile sequel, ma con un recast della protagonista. Onestamente non ne capisco il motivo.

Ma quindi Tomb Raider merita di essere visto? Secondo me si, specialmente se siete fan della signorina Croft.

Sicuramente siamo finalmente di fronte ad una convincente trasposizione di un brand videoludico e sicuramente superiore a tutte le pellicole viste fin'ora.

E senza fare troppo spoiler, la battuta che chiude la pellicola, per quanto scontata, mi ha divertito un sacco.

See you next


mercoledì 21 marzo 2018

Retromovie 3: Fantastic Four


Retromovie capitolo 3. Questa volta sapevo bene che stavo andando a vedere un film evitabile, ma purtroppo sono curioso.

Vi darò le mie impressioni su Fantastic 4  film 2015 diretto da Josh Trank e basato sui personaggi omonimi dei fumetti Marvel Comics.

Come molti già sapranno questo film è un reboot della saga, dopo le due pellicole dirette da  Tim Story dove Chris "Captain America" Evans interpretava la Torcia Umana.

Come detto all'inizio questo nuovo film sulla prima famiglia Marvel partiva già col piede sbagliato fin dal cast.

Chiaramente faccio riferimento alla scelta insensata di far interpretare i fratelli Storm uno da un attore afroamericano (Michael B. Jordan) 



e l'altra da un'attrice bianca (Kate Mara).


La domanda è perché? al di la del cambio di etnia che forse centra poco, ma perché uno bianco e uno nero? tra l'altro facendo capire chiaramente in una mezza frase del film che non veramente fratelli?

Vuoi fare Johnny nero? benissimo, prendi anche Susan afroamericana. Potevi prendere chiunque.

Tolta questa discutibile scelta veniamo al film vero e proprio.

La storia inizia con un giovane Reed ai tempi delle elementari alle prese con i compagni di classe che lo deridono per le sue idee forse troppo avveniristiche per la sua età.

Qui conosce Ben Grimm con il quale, in qualche modo diventa amico e complice dei suoi esperimenti.

Passano gli anni e i due vengono "scoperti" dal Dr. Franklin Storm (Reg E. Cathey),



padre dei già citati fratelli Susan e Johnny. 

Reed (Miles Teller)



e Ben (Jamie Bell)  


vengono quindi invitati al Baxter Building 


dove inizieranno a fare esperimenti per un portale verso un'altra dimensione.

Ok quindi la storia, più o meno, segue la "corrente" della versione Ultimate degli F4



dove i quattro sono poco più che adolescenti e appunto "l'incidente scatenante" avviene nella zona negativa e non per un viaggio spaziale come nella versione "classica".


Diciamo che questo è uno dei cambi che ci potevano stare. Segui un filone diverso, vuoi differenziarlo dalle altre pellicole, può andare bene.

Il problema è lo svolgimento.
Dopo 40 minuti vediamo l'entrata della squadra nella zona negativa. QUARANTA MINUTI su un film di CENTO. E' onestamente un po' troppo.

Vediamo la gestione dei personaggi, che definire pessima è un eufemismo.
Personaggi abbozzati, non contestualizzati, cose accennate, trovate al limite del ridicolo.

Senza scendere troppo nello spoiler vi dirò solo questo.

Ben Grimm, dopo aver accompagnato Reed al Baxter Building sparisce, non viene più visto nella preparazione del macchinario, non viene più preso in considerazione.

Ma, al momento della "missione", viene richiamato in piena notte da Reed ubriaco perché "senza di te non vado". 



Reed, ma vaffanculo va e, viste le rogne che gli hai causato, potevi lasciarlo dormire.

Nel frattempo conosciamo Victor Von Doom, uno dei villain più amati in Marvel e ridotto ad un nerdone complessato. 



Caratterizzato meno di zero, il suo peso nella pellicola è MARGINALE.

Per non parlare dei "fratelli" Storm. Johnny un ribelle che si da alle corse alla Fast & Furious per far incazzare il padre, 



mentre di Susan sappiamo solo che è nata in Kosovo e che all'inizio fa la stronzetta per poi intendersela con Reed.


Reed forse è quello "caratterizzato meglio", ma anche li parliamo di cose marginali.

Veniamo al resto del film.
L'incidente che li rende "fantastici" è una mezza presa per il culo.

Arrivano nella zona negativa, stanno per piantare la bandiera, 



e vedono che il terreno è instabile. 


Successivamente Victor riuscirà a causare una specie di eruzione vulcanica che coinvolgerà la squadra. 


Ok diciamo che la scena dove si vede il loro futuro potere andava bene. Ben travolto dalle rocce, 



Johnny che prende fuoco, 


Reed coperto da un bagliore 


e indirettamente Susan colpita da una folata che la fa diventare invisibile.


L'unica scena che merita.

E poi? 10 minuti di orologio dove vediamo prendere confidenza dei poteri, per poi tornare, dopo 75 minuti di pellicola, nella zona negativa dove trovano Doom trasformato in una specie di manichino di latta. 



La cosa che mi ha fatto sorridere è che quando è steso sul lettino per le analisi, ricordava le foto degli alieni che si vedono su Internet.



Ma veniamo alla battaglia finale. Adesso io capisco che le ultime storie Marvel non si basano esclusivamente sulle mazzate tra supertizi, però porca troia, ridurre tutto a 10 minuti scarsi, in un film, mi sembra poco.

Vogliamo parlare degli effetti speciali? Osceni. Si vede lontano un miglio la computer grafica, specialmente nella Cosa, che tra l'altro in questa versione è senza mutande e senza "coso".



Ma escludendo Ben, anche Johnny quando è fiamma, sembra vittima di quegli effetti speciali fatti con programmi da 4 soldi.



E Reed che si vede distante un miglio il green screen quando salta e si allunga?

L'unica che forse si salva è Susan, ma lei perché è invisibile.

Quindi? un film bello.... di quelli che vanno visti e rivisti fino alla nausea.

Scherzo ovviamente. Fantastic 4 è una merda. Ma veramente osceno. I tanto criticati film di Tim Story sono veramente più belli e interessanti.

Non saranno stati questo capolavoro irrinunciabile però, nello stesso tempo della pellicola, il primo film del 2005 durava 106 minuti contro i 100 di quello del 2015, dava maggior spessore ai personaggi, dava più sensazione di unione dei quattro e metteva in campo un Doom decisamente superiore (Julian McMahon era perfetto come scelta).



Ma anche il resto del cast era azzeccato. Ioan Gruffudd assomigliava alla controparte cartacea di Reed, ma anche Chris Evans ci stava nel ruolo del giovane Johnny per non parlare di Jessica Alba come Susan, della quale, per lo meno noi maschietti, non ci siamo mai lamentati. 



Forse il problema era Ben , non tanto per Michael Chiklis che lo interpretava, ma per il costume "poco roccioso" e "troppo gommoso". Però gommoso o no, quello era Ben Grimm, dove si vedeva la sofferenza nell'essere diventato un mostro rifiutato da tutti.

Tutto questo sono le basi dei Fantastici Quattro e di questo nel film di Josh Trank non c'è minimamente traccia.

Ricordiamoci anche che persino "il sorridente" Stan Lee si è rifiutato di fare un cameo.



Mi dispiace ma questo film sembra fatto in fretta e furia per permettere alla 20th Century Fox di tenere ancorati i diritti sui personaggi, prima che ovviamente il "Topo" se li mangiasse come abbiamo visto qualche mese fa.

E' quindi un film che va visto? no, assolutamente. L'unica scena da salvare è quella dell'incidente, che forse ha veramente un senso, per il resto rivedetevi quelli di Tim Story o aspettate che i Marvel Studios gli diano nuova vita, sperando per il meglio.

See you next


martedì 13 marzo 2018

Non sfidare il diavolo


Bentrovati. Oggi cambiamo argomento e parliamo nuovamente di anime.
Questa volta vi darò le mie impressioni su una serie molto particolare per le tematiche narrate. Parliamo di Kakegurui, prima stagione di 12 episodi creata da Netflix e tratta dall'omonimo manga.

Devo essere sincero. Avevo già letto un'anteprima del manga, nelle classiche pubblicazioni gratuite distribuite alle fumetterie, e sono stato attirato principalmente dall'inquietante copertina.



Infatti pensavo che fosse una serie horror che parlasse di demoni e affini, visto lo sguardo della protagonista, ma così non è, anche se.... ma andiamo con ordine.

Siamo nell'accademia privata Hyakkaou, una delle più prestigiose scuole private del Giappone.

L'accademia, dominata dal consiglio studentesco, ha una particolarità. Infatti gli studenti fanno "carriera" tramite scommesse e giochi d'azzardo di ogni genere e natura. Chi vince guadagna il "paradiso" tra stima, rispetto e soldi, chi perde scende negli "inferi" e diventa letteralmente un animale domestico non riuscendo a pagare i debiti di gioco.

La storia verrà raccontata dal punto di vista di Ryōta Suzui



un ragazzo mite e gentile che, perdendo una partita con Mary Saotome


ne diventa il suo cagnolino.

Un giorno però all'accademia si presenta Yumeko Jabami,



una ragazza che viene notata dai compagni di classe per il suo bell'aspetto. All'apparenza gentile e socievole con tutti, si rivelerà essere l'elemento che farà vacillare gli equilibri della scuola.

Veniamo quindi alle mie considerazioni.

Kakegurui è una serie che nei suoi 12 episodi di stagione mi ha coinvolto in maniera incredibile.

Vuoi per gli argomenti particolari trattati, vuoi per la spettacolarizzazione delle sfide ma, secondo me, il fulcro è la caratterizzazione di Yumeko.

Lei è, in qualche modo è il perfetto incrocio tra Yugi Muto 



e una "Devil lady"


Ogni sfida e ogni partita verrà gestita con il giusto ritmo ed equilibrio tra spiegazione delle regole, pathos dei turni di gioco, e il cambio radicale della protagonista.

Quest'ultimo è la cosa che colpisce di più. Se inizialmente sembra la classica ragazza carina e gentile, quando viene coinvolta nel "vortice" del gioco d'azzardo si trasforma.

Perfettamente fredda e calcolatrice di mosse, strategie e imbrogli degli avversari da una parte, come il già citato Yugi, dall'altra completamente assorbita dal suo lato "demoniaco" di Compulsive Gambler, come recita il sottotitolo della versione inglese.

In molti frangenti, e qua nasce il mio fraintendimento della copertina del manga, Yumeko durante i momenti salienti e concitati della partita perde letteralmente la sua "umanità" mostrando degli occhi rossi da demone e un piacere quasi folle per la scommessa estrema.



Chiaramente la protagonista da sola non sarebbe nulla se non fosse contornata da degni comprimari.

E anche in questo Kakegurui non sbaglia. A volte forse fin troppo folli o stereotipati, ma tutti ben caratterizzati.

Senza dubbio quella che resterà impressa a mio modo di vedere sarà Midari Ikishima.



Nelle prime, spero, dodici puntate vedremo un arco narrativo completo che, pur lasciando larga possibilità a seguiti, arriverà ad una sua conclusione.

Forse la cosa che più coinvolge lo spettatore è il ritmo molto serrato, specialmente nelle fasi di gioco. Infatti verrà posta molta attenzione non solo alle mani della partita, ma anche ai pensieri e alle strategie dei vari giocatori. 



Lo spettatore viene coinvolto al cento per cento nella sfida in corso dove, tra colpi di scena a volte inaspettati, diverrà parte integrante della partita.

Ma forse questo coinvolgimento l'ho vissuto io principalmente così perché amo i giochi basati dove è necessario pianificare con attenzione una strategia per vincere.

Vi consiglio quindi la visione di Kakegurui?

Beh, ovviamente si. Da una parte perchè l'ho trovata una serie originale per le tematiche trattate, ma anche per la particolare protagonista estramente ben caratterizzata. Terzo motivo, sicuramente più futile, è perché 12 episodi da 20-25 minuti sono abbastanza fruibili da tutti.

Speriamo quindi che Netflix decida di mettere presto in cantiere un seguito.

See  you next