giovedì 14 gennaio 2016
Agorafobia
Bentornati. Dopo l'ultima, e non troppo riuscita, fatica videoludica di Goku e soci, torniamo oggi a parlare di fumetto.
In particolare vi racconterò le mie impressioni su un volume che ho acquistato nella mia gita a Lucca di quest'anno ma che ho letto solo di recente, Agorafobia scritto, sceneggiato e disegnato dalla coppia Dario Moccia e Fubi.
Sarò onesto del disegnatore Fubi non saprei che raccontarvi, è il primo albo suo che mi capita tra le mani. Dario Moccia invece è uno dei volti più noti di Youtube Italia. Nel suo canale racconta, con estrema dovizia di particolari e passione i suoi più grandi amori, ovvero il fumetto a 360°, i videogiochi e l'animazione. Molto spesso nei suoi video racconta di opere meno note al grande pubblico, particolari, ma alle quali dovremo dare almeno una possibilità di lettura/visione per renderci conto che a volte ci sono delle perle rare pressoché sconosciute. Devo essere sincero, guardando i suoi video si vede l'impegno e la passione in quello che fa e il suo modo di raccontare ti invoglia ad esplorare nuove opere alle quali difficilmente ti avvicineresti.
Siamo quindi nei ridossi di novembre 2015 quando annuncia che a Lucca avrebbe presentato la sua prima opera fumettistica, Agorafobia. Che dire, visto che quell'anno sarei riuscito ad andare, per la prima volta, alla manifestazione (e questo lo devo ad una persona speciale), avrei sicuramente recuperato il volume.
Diciamo che nel caos generale sono riuscito anche a beccare Dario che, in estrema velocità, mi ha fatto un autografo sull'albo.
Ma come al solito mi dilungo quindi, veniamo al sodo. Di cosa parla Agorafobia? beh come dice dice l'etimologia della parola è la paura della piazza. In pratica è la paura/disagio di un soggetto quando si ritrova in ambienti poco familiari portandolo ad una sensazione di fuga verso un luogo più sicuro.
L'opera di Moccia/Fubi racconta la giornata di un uomo, di cui non si farà mai il nome, che vive relegato in casa. Nel corso del racconto non sapremo quasi nulla del soggetto. Tutta la narrazione si basa esclusivamente sui pensieri del protagonista, combattuto tra una flebile voglia di cambiamento o comunque di andare avanti nella sua vita, contrastata dall'incubo dei fatti accaduti nel suo passato che lo hanno reso agorafobico.
Devo essere sincero, il tratto sporco e quasi stilizzato usato da Fubi non mi piace, questo perché ho sempre amato un tratto più classico o comunque curato di particolari, però per la storia funziona.
Proprio quel tratto abbozzato, minimale e quasi caricaturale del protagonista e dell'ambiente che lo circonda, è perfetto per dare al lettore una maggiore sensazione di inquietudine e fargli vivere lo stato emotivo dell'uomo al centro della scena.
La narrazione è rapida, a volte fin troppo. Poche battute sovrastate da quel disegno che, in poche vignette, rendono più visiva la storia. La sensazione di agorafobia viene mostrata più che descritta. Il protagonista è spesso rannicchiato in se stesso e fatica a uscire da quello stato fisico ma, soprattutto, mentale.
A mio modo di vedere la sceneggiatura è abbozzata, non lo so forse dipende da me che preferisco venire a capo della storia nella sua interezza, svelando i vari "perché" che, in questo caso, vengono solamente accennati nei flashback.
Non vi nego che mi sarebbe piaciuto capire il perché il protagonista sia finito in quello stato mentale, quale evento lo abbia portato a chiudersi in se stesso. Nel volume questo fatto viene abbozzato, si intuisce qualcosa che però, nel corso delle pagine, non viene spiegato.
Non lo so, a mio modo di vedere concentrare parte della narrazione sull'evento che ha portato nel baratro il protagonista avrebbe giovato anche al finale che, personalmente, trovo fin troppo semplicistico. Bisognava dal mio punto di vista concentrarsi sul cambiamento graduale dello stato mentale.
Forse per fare questo servivano più pagine, più volumi, portando Agorafobia da numero unico (sempre che non abbia capito male) a una miniserie. Forse bastava anche solo un secondo volume dove la storia si evolveva spiegando bene il trauma che ha causato l'agorafobia per poi concentrarsi sulla voglia di rivincita e sulla forza interiore per uscire da quello stato mentale.
In definitiva un volume che vede un Dario Moccia molto diverso da come l'abbiamo apprezzato sul tubo, con una buona idea di creare, assieme a Fubi, qualcosa di nuovo e fuori dal seminato, ma che a mio modo di vedere è un po' troppo abbozzato.
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